martedì 29 aprile 2008

La soluzione sarà una svolta?




"Andiamo,
butta il tuo cappello tenebroso in valigia,
sciogli il tuo cane dalla catena, butta via l'ombrello,
dà fuoco alla tua casa perfetta, seppellisci i ricordi amari,
distruggi i giorni sempre uguali,
carica il tuo sguardo di magnetico mistero
sotto un candido panama messo di sghimbescio,
entra in questo mondo malandrino:
ti porterò in mezzo a zebre, gazzelle e caribù, o in cima a un vulcano in fiamme,
o tra i tamburi indiavolati di Cabo Vert, o su un veliero pazzo rotta sud.
Andiamo,
giocati la vita, alza le tue vele,
butta i tuoi ultimi pesos a questo tavolo d'azzardo,
e amami come mai hai amato prima".

(da "Zorba e le poesie erranti")

venerdì 11 aprile 2008

E' già mattina


E' gia mattina..
e un nuovo canto
si diffonde nel cielo..
Tiepida ,
l'aria s'espande,
fugando con i raggi del sole
informi ombre,
oltre le cime dei monti..
S'estende azzurrino
incurvandolo
spazio di diafane nuvole
l'orizzonte...
Amico...
Senti che profumo di fiori
si sparge ai piedi dell'infinito...
Vieni vicino al mio cuore
e con me dividi tutto questo
lasciando la tua anima ,
appesa lassu'
tra i petali dispersi della notte,
mentre si schiude , nuovo il giorno
e rilucente
ci illumina gli occhi
levigandoli con i vividi colori del domani
che e' gia' qui.

Non sei mai solo



Non sei mai solo,

se qualcuno ti tende la mano..

.In quei giorni,

dove tristezza e dolore

fan scivolare lacrime sul tuo viso.

E nell'aria si sparge solo

odor di pioggia e foglie morte ,

effluvi appasiti di malinconia

,tra i lampioni ,

che fiochi attraversan le vie.

Non sei mai solo,

se qualcuno ti dona un sorriso

o ti stringe nel cerchio caldo

del suo abbraccio...

Se nel silenzio,

guardi fragili stelle di carta velina

disegnare sogni sul cielo...

Mentre il vento appende parole,

dietro ai vetri,

con gocce di pallida lun

aad accarezzarti lo sguardo..

.No , non sei mai solo

se chi ami vive dentro di te...

E tra spirali di fumo

coi primi raggi del sole

in sospiri di brezza e nuvole,

lo guardi oltre ai monti

spegnersi lento

assieme al tuo pianto .

mercoledì 9 aprile 2008

Il canto di Ulisse


Ogni tanto ci sono versi che ti richiamano ad un ricordo e questi ..

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza"

..vengono da qui.

...Quando mi diparti'da Circe,
che sottrasse me più d'un anno
là presso Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse,

nè dolcezza di figlio,
nè la pieta del vecchio padre
nè 'l debito amore
lo qual dovea Penelopé far lieta,

vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l'alto mare aperto

sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna
fin nel Marocco, e l'isola dè Sardi,

e l'altre che quel mare intorno bagna.
Io e' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov'Ercule segnò li suoi riguardi

acciò che l'uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta.

"O frati", dissi "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia
de' nostri sensi ch'è del rimanente,
non vogliate negar l'esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

Dante - Inferno - Ulisse - canto XXVI


a proposito di Ulisse.

lunedì 7 aprile 2008

RALLENTIAMO


Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l'anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada. Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto esser felici di avere in tasca soltanto le mani.

Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo.

Andare lenti è fermarsi su un lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall'estate, andare col vento di una barca e zigzagare per andar dritti.

Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze.

Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all'ombra.

Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con noia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti.

Andare lenti è ruminare, imitare lo sguardo infinito dei buoi, l'attesa paziente dei cani, sapersi riempire la giornata con un tramonto, pane e olio.

Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie.

Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti.

Andare lenti è il filosofare di tutti, vivere ad un'altra velocità, più vicini agli inizi e alle fini, laddove si fa l'esperienza grande del mondo, appena entrati in esso o vicini al congedo.

Andare lenti significa poter scendere senza farsi male, non annegarsi nelle emozioni industriali, ma essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare con il corpo la terra che attraversiamo.

Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire.

C'è più vita in dieci chilometri lenti e a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un'ingordigia che non sa digerire. Si ospitano più altri quando si guarda un cane, un'uscita da scuola, un affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva un giocare a carte, che in un volare, in un faxare, in un internettare. Questo pensiero lento è l'unico pensiero, l'altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all'infinito. Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica.Bisogna sin da adesso camminare, pensare a piedi, guardare lentamente le case, scoprire quando il loro ammucchiarsi diventa volgare, desiderare che dietro di esse torni a vedersi il mare. Bi sogna pensare la Misura che non è pensabile senza l'andare a piedi, senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti. È da questi, dal loro accumulo, dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro. I veloci, i progettanti, i convegnisti, i giornalisti consumano voracemente il mondo e pensano di migliorarlo. La lentezza sa amare la velocità, sa apprezzarne la trasgressione, desidera anche se teme (quanta complessità apre questa contraddizione !) la profanazione contenuta nella velocità, ma la profanazione di massa non ha nulla della sacertà che pure si annida nel sacrilegio, è l'empietà senza valore, un diritto universale all'oltraggio. Nessuna esperienza è più stolida della velocità di massa, della profanazione che non si sa.Franco Cassano"Andare lenti - Pensare a piedi" da "Il pensiero meridiano", edizioni Laterza, Bari 1996

venerdì 4 aprile 2008

Abbi cura delle stelle


«Gli uomini hanno delle stelle che non sono le stesse.

Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle sono delle guide.

Per altri non sono che delle piccole luci.

Per altri, che sono dei sapienti, sono dei problemi.

Per il mio uomo d'affari erano dell'oro.

Ma tutte queste stelle stanno zitte.

Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha...»

«Che cosa vuoi dire?»

«Quando tu guarderai il cielo, la notte,

visto che io abiterò in una di esse,

visto che io riderò in una di esse,

allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.

Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!»

E rise ancora.

«E quando ti sarai consolato (ci si consola sempre),

sarai contento di avermi conosciuto.

Sarai sempre il mio amico.

Avrai voglia di ridere con me.

E aprirai a volte la finestra, cosi', per il piacere...

E i tuoi amici saranno stupiti di vederti ridere guardando il cielo.

Allora tu dirai: "Si, le stelle mi fanno sempre ridere!"

e ti crederanno pazzo.»

da"il piccolo principe"

martedì 1 aprile 2008

Io che amo solo te



C'è gente che ha avuto mille cose:
Tutto il bene, tutto il male del mondo
Io ho avuto solo te
E non ti perderò
Non ti lascerò
Per cercare nuove aventure

C'è gente che ama mille cose:
E si perde per le strade del mondo
Io che amo solo te
Io mi fermerò
E ti regalerò
Quel che resta della mia gioventú

C'è gente che ama mille cose:
E si perde per la strade del mondo
Io che amo solo te
Io mi fermerò
E ti regalerò
Quel che resta della mia gioventú


S.Endrigo cantata da F.Mannoia